A Gragnano, 500 anni di pasta d’autore

pasta di gragnano - candele
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Candele, ziti, mafalde, paccheri, vermicelli: fantasiosi appellativi; oggi, come un tempo, ideali rappresentazioni della tradizione artigianale della pasta.

Siamo a Gragnano, piccolo centro del napoletano, la “Città dei maccheroni” (titolo condiviso con Torre Annunziata) e della pasta in genere.

Proprio qui, circa cinquecento anni fa, si consolidò la produzione di uno dei prodotti simbolo dell’eccellenza della cultura culinaria italiana. Da allora, nonostante lo sviluppo del le tecnologie produttive, è rimasto negli usi e nei modi della gente il retaggio di un percorso antico.
Durante la secolare storia i produttori locali hanno perfezionato le tecniche di lavorazione fino alla rivoluzione del torchio a trafila, il cui possesso era necessario per aderire all’Arte dei Vermicellari, la corporazione dei pastai dell’epoca. L’essiccazione, un tempo del tutto naturale con il solo calore del sole, è la fase più delicata del processo e qui sta il merito dei “nostri” pastai, i quali per primi ne hanno capito l’importanza, sfruttandola a loro vantaggio.
Il metodo con cui oggi si produce pasta in tutto il mondo è, nei criteri, lo stesso che qui si consolida oltre cinque secoli fa. Oggi, come allora, proporre pasta di grande pregio significa essiccare a bassa temperatura, impiegare semole dove, oltre la quantità del glutine, è importante la sua qualità, onde poter preservare al massimo i valori organolettici e la centralità del gusto, nelle due accezioni di sapore e sapere, rivalutando il piacere del cibo.
Sottolineerei un fatto estremamente interessante: così come è successo per la pizza, anche per i maccheroni è “un consumo che nasce dal basso”. Forse non tutti sanno che l’espressione “al dente” è intraducibile in altra lingua, che riferisce del piacere che la plebe napoletana attribuiva al consumo dei maccheroni. Mi spiego meglio. La pasta, inizialmente, era un prodotto ad appannaggio dei nobili dell’epoca che la consumavano dopo lunghe ed esasperate cotture. In seguito al le carestie del ’600, si afferma il consumo alimentare dei maccheroni cotti alcuni minuti e non per ore: mi piace pensare che il gusto che si afferma è quello della plebe, della fame di Napoli. Come ci ricorda Emilio Sereni, i Napoletani, prima noti come “mangiafoglia”, si guadagnarono, così, l’appellativo di “mangiamaccheroni”.
Infine, un piatto simbolo della realtà regionale: vermicelli di Gragnano al pomodoro, meglio se del Presidio Slow Food del San Marzano. A ulteriore conferma di quanto sia importante la conoscenza dei prodotti tipici locali, il loro recupero e, soprattutto, la loro diffusione.

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