Apocope, significato ed esempi concreti nella lingua italiana
Il termine apocope è considerato un sinonimo di “troncamento”, infatti deriva dalla parola greca apokopé (taglio).
Questo riguarda la caduta di uno o più suoni (vocale o sillaba) alla fine della parola.
Per essere chiari, questa si potrebbe confondere con l’elisione, ma ci sono delle piccole differenze tra le due cose.
La più importante di tutte, quella che subito si nota, è che l’elisione prevede quasi sempre l’uso dell’apostrofo, e che poi la parola che segue quella troncata inizia con una vocale.
Un esempio di ciò: Hai dipinto questo quadro a mo’ (modo) di Michelangelo, oppure Devo stare un po’ (poco) da solo.
Perché possa verificarsi un’apocope, bisogna rispettare alcune regole:
- Il vocabolo interessato non si deve mai trovare alla fine di una frase;
- Non è poetico e corretto dire Guardarti in questo stato mi spezza il cor, ma dovremo dire core;
- La vocale che subisce l’apocope non può essere la lettera a;
- Non possiamo mai dire buon giornata;
- Non si può applicare per una parola al plurale
- Non possiamo mai dire buon giorni;
- Le consonanti che precedono la vocale da troncare possono essere solo le l, m, n e r.
- È un bel giorno per andare in giro;
- La sera stessa siam tornati a casa;
- Tu sei davvero un buon samaritano;
- Ove per poco il cor non si spaura (Inferno – Dante Alighieri);
L’utilizzo dell’apocope, in alcuni casi, può avere motivazioni anche storiche, ovvero relative allo sviluppo di una lingua nel corso del tempo.
Un esempio potrebbe essere visto nel passaggio da virtude a virtù o libertade a libertà ai nostri “virtù”.
Ma può avere luogo anche per motivazioni eufoniche, ovvero col fine di trovare un suono più efficace.
Altra motivazione può essere metrica, al fine di rispettare la metrica del verso.