La Coca-Cola non è affascinante per quello che è – acqua, zucchero, caramello e bollicine – ma per quello che rappresenta. E questo è un punto abbondantemente conosciuto dal marketing della società.
Nonostante lo slogan vecchio di decenni, Delicious and Refreshing (deliziosa e rinfrescante), la gente non beve Coca-Cola per il gusto, ma perché la associa a cose positive come l’amicizia, il divertimento, il patriottismo, l’atletismo. Decenni di campagne di marketing hanno costruito questa immagine; anche durante la seconda guerra mondiale, quando la Coca-Cola veniva data ai soldati USA, spesso a spese del governo.
La prima regola dell’azienda è ricordare ai consumatori che CocaCola è = divertimento, tempi migliori, speranza, o qualunque altra sensazione desiderata e bramata. Il risultato, al di la del valore e della qualità della bevanda, sarà che tutti ne berranno di più. Questa è la finalità, questa è la costante: una crescita infinita delle vendite, una esigenza spasmodica di trovare nuovi mercati, in un mercato già abbondantemente dominato. Oggi, si può affermare, senza correre il rischio di essere smentiti, che in ogni paese, tranne Cuba (nemmeno più), Iran e Corea del Nord, se vuoi comprare una Coca-Cola, la trovi con grande facilità. C’è perfino nei luoghi dove manca l’acqua potabile o l’elettricità. Lo stesso non può dirsi per qualsiasi altro prodotto.
Pepsi ha dimostrato che in prove di assaggio cieco, sempre più persone preferiscono Pepsi su Coca Cola. Ma Pepsi non può competer perché questi consumatori, oltre al piacere immediato dato dalla bevanda ben refrigerata, vogliono anche tutto ciò che è associato al buon, vecchio stile Coca Cola.
Non va bene che la Coca-Cola ha fatto affari con un imbottigliatore guatemalteco che avrebbe assunto squadroni della morte per assassinare i dipendenti che cercano di aderire al sindacato. Ma questa è solo una parte di uno schema più ampio, uno scandalo più grande, che risiede nella filosofia e nella storia aziendale: aumentare i profitti, le vendite e le quote di mercato a tutti i costi.
Coca Cola ci ha detto che voleva insegnare al mondo a cantare, ma è molto più probabile che al mondo sta regalando il diabete. Negli Stati Uniti, una campagna pubblicitaria lanciata dal ministero della Salute ha appeso in tutte le metropolitane un manifesto che mostrava un uomo obeso, seduto su una sedia, privo di un arto inferiore, che dice di non fare uso della bevanda. Figuriamoci. Ma che è successo? Niente, un beneamato niente! Anzi, le vendite sono aumentate.
La Coca-Cola è una sorta di religione per molte persone.
Nei giorni in cui la bevanda era sotto attacco perché conteneva cocaina, e anche, successivamente, per il suo contenuto di caffeina, tutti si erano ribellati; quasi una insurrezione. I fedelissimi si sentivano come i primi martiri cristiani, in un certo senso, in lotta per una giusta causa. Candler definì la CocaCola “una benedizione per l’umanità”. I dipendenti di Coca Cola hanno sempre scherzato sul fatto che avevano lo sciroppo di Coca Cola che scorreva nelle loro vene. La bevanda è diventata anche una sorta di religione per i consumatori, un simbolo dello stile di vita americano. Durante la seconda guerra mondiale la bevanda divenne un “richiamo morale essenziale” per le truppe, ed era servita al posto di vino della comunione durante la battaglia delle Ardenne. Quando fu sostituita da New Coke nel 1985, la gente scriveva lettere angosciate come se avessero ucciso Dio.
La cocaina
Coca Cola è stata chiamata in questo modo per i suoi due principali ingredienti, entrambi droghe: la foglia di coca del Perù (conteneva cocaina) e la noce di cola del Ghana (conteneva caffeina).
La Coca Cola originale aveva una piccola quantità di cocaina in una bevanda di 6 once, circa 4,3 milligrammi. Quando approvarono le leggi contro le droghe, fu tolta la sostanza tossica durante l’estrazione, l’alcaloide.
La Coca Cola che si produce ai giorni nostri, dalla nota multinazionale, è ancora prodotta con le foglie di coca coltivate negli stabilimenti “legali” (chiamiamoli così) in Perù, sotto il controllo del dipartimento di polizia statunitense. In questi stabilimenti le foglie di coca vengono private della sostanza allucinogena e quindi esportati negli Stati Uniti per produrre la bevanda. Quindi, ufficialmente, la coca cola non è fatta con la cocaina ma con le foglie di coca private della loro tossicità. Bah!!!