Il Marchese de Sade, morto 200 anni fa, è ricordato principalmente per la sua vita turbolenta.
Era nato in una famiglia aristocratica provenzale, e godeva per questo di tutti i privilegi dell’ancien régime. Dopo una vita, che si può definire generosamente “stravagante”, morì, a 74 anni, in un manicomio.
I suoi scritti libertari alienarono due re, un tribunale rivoluzionario e un imperatore. Trascorse la maggior parte della sua vita sotto chiave: se non lo potevano accusare di qualche crimine, lo accusavano di essere pazzo.
Nei suoi ultimi (miserabili) anni, Sade era un emarginato sociale, obeso, disprezzato e senza un soldo. Eppure, poco dopo la sua morte nel 1814, la sua fama cominciò a crescere. E’ stato rivendicato come un eroe da scrittori e artisti vari; nel 1839, è stato salutato come “una delle gloria di Francia, martire, ecc”. La bizzarra psicopatia e la storia di vita di Sade, tanto quanto i suoi scritti massacranti, hanno ispirato figure disparate come Flaubert, Angela Carter, i surrealisti, Camille Paglia e Pier Paolo Pasolini. Ma non tutti sono stati sui ammiratori. Per più di 150 anni, la famiglia Sade ha preferito rigettare questo noto antenato: il figlio maggiore di ogni Conte de Sade non aveva più il titolo di marchese. Ma negli ultimi 25 anni le cose sono cambiate e la famiglia ne ha ripristinato l’onore.
Esistono un sacco di sadici non violenti, esattamente come il marchese, ispiratore del termine. A differenza di molti aristocratici, non combatté mai un duello e non sembrava gradire la caccia. Nonostante prestasse il suo nome al termine comune per la crudeltà psicopatica, Sade era almeno altrettanto entusiasta di essere picchiato, quanto il picchiare gli altri.
Semmai, risultarono più orribili i tentativi di profanare l’ostia in atti sessuali: si racconta che una prostituta fu costretta ad ascoltare argomentazioni del marchese contro l’esistenza di Dio, nel corso di una lunga notte. Quando questa notizia uscì, Sade divenne una figura odiata dalla stampa e colpevole per l’opinione pubblica.
Fu imprigionato con una reclusione a tempo indeterminato, senza prospettive di un processo.
L’angoscia di Sade al suo confino, in combinazione con il suo senso del diritto, con le peculiarità sessuali, con l’odio di religione e l’ossessione della numerologia, diede origine alle sue fantasie intrise di lussuria, di onnipotenza, di crudeltà e vendetta (fantasie che alcuni sostengono prefigurino il nazismo).
Le 120 giornate di Sodoma (opera principale) fu scritto in microscrittura, su un rotolo di carta facilmente nascosto nella sua cella alla Bastiglia. E’ in parte una satira selvaggia della classe dirigente, che descrive le torture e gli omicidi commessi da quattro libertini anziani che, nel corso di un inverno, si erano rintanati in un castello, con decine di vittime maschili e femminili. Pubblicato la prima volta nel 1904, l’opera è il ritratto dettagliato della mente di un maniaco sessuale: scioccante, terrificante, ma a volte anche stupefacentemente noioso.
In molti modi, Sade era un pensatore sorprendentemente moderno. Disprezzava l’idea che le donne erano solo strumenti per la procreazione e celebrava il loro potenziale orgasmico. La sua messa a nudo della misoginia istituzionale ha fatto di lui un eroe paradossale per alcune femministe. Visto come un eroe per la sua prigionia sotto l’ancien régime, Sade finalmente fu liberato, e divenne giudice rivoluzionario. Se la concezione popolare della sua natura aveva corrispondenza con la realtà, avrebbe dovuto essere a suo agio in questa era omicida. Invece, avendo più familiarità con il confine tra realtà e fantasia di alcuni dei suoi critici, mostrò misericordia, tanto da essere nuovamente imprigionato per essere stato troppo indulgente.