La morale de “I promessi sposi” agli occhi di oggi

i promessi sposi
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I promessi sposi, opera di Alessandro Manzoni del 1827, è la storia contrastata di due contadini italiani profondamente innamorati: Renzo e Lucia. Un nobile crudele, però, ha disegni malvagi sulla povera Lucia, e si oppone al loro matrimonio in tutti i modi.

La storia sembra rappresentare il tipico romanticismo del XIX secolo. Ma dire che I Promessi Sposi è semplicemente una storia d’amore sarebbe come dire che Delitto e castigo è un romanzo poliziesco. Manzoni ha preso un genere letterario familiare e attraente, così come Dostoevskij, e lo ha usato come veicolo per qualcosa di più complesso di quanto possa sembrare in superficie. Manzoni narra di un racconto trovato in un vecchio libro scritto da un cronista anonimo. Questo meccanismo pone la storia su un altro livello, una storia nella storia. Noi non leggiamo semplicemente un vecchio libro; sentiamo la sua storia raccontata da un narratore che è molto presente in tutto il libro, che esprime commenti e opinioni.

Al giorno d’oggi il romanticismo è stato degradato al livello di mera passione. Storie etichettate come romanzi sono fin troppo spesso racconti di come la passione della concupiscenza interessa due o più persone. Ora che la nostra società ha superato le restrizioni religiose tradizionali contro la pornografia, i romanzi presentano in genere scene piccanti, non adatte ad un lettore cristiano. Posso dirvi che non troverete anche un solo bacio appassionato nei Promessi Sposi, o, se questo non bastasse, niente che possa offendere la sensibilità di un lettore monasticamente inclinato. Si tratta di una vera e propria storia d’amore, in cui l’amore (non la lussuria) è l’ingrediente principale. Proprio per questi principi cristiani, il matrimonio e la verginità sono tenuti in grande onore. All’inizio della storia, quando Renzo fa visita a Lucia, lo fa in presenza della madre premurosa, Agnese, che egli tratta amorevolmente come la propria madre. E’ impensabile che la loro relazione possa essere qualcosa di diverso da un matrimonio cristiano. Gli ostacoli che gli altri pongono, per inficiare la loro unione, sono il fulcro e il motore di tutta la storia.

Nel I Promessi Sposi troviamo una società chiaramente impregnata di morale cristiana: la verginità prima del matrimonio, sia per gli uomini che per le donne; matrimonio per la vita, benedetto dalla Chiesa; la vita familiare come la logica conseguenza del matrimonio. Infine, il matrimonio è visto nella prospettiva della morte, che conduce alla vita eterna. Il messaggio era: “Amatevi come compagni di viaggio, con il pensiero che si deve lasciare l’un l’altro e con la speranza di trovare l’un l’altro di nuovo per sempre.”

 La storia assume presto una portata più ampia di quella di due amanti. Si trasforma in un romanzo storico. Manzoni, tuttavia, non confonde la storia con la fiction; piuttosto, egli tesse racconti documentati di fatti storici nel corso del suo romanzo. La narrazione non è condita o zuccherata, ma posta tra gli strati della storia, senza esitazioni. E che storia brutale! Il racconto si svolge in Lombardia, negli anni 1628-1630, anni che videro Milano e i villaggi intorno ad esso devastati da guerre, carestie, pestilenze e morte, in rapida successione. Secondo una fonte citata dal Manzoni, la popolazione di Milano fu ridotta da 250.000 a 64.000 circa, in un solo anno di peste. Tutti in città, per non parlare delle periferie, furono colpiti in qualche modo, inclusi i personaggi della storia.

Una delle cose che mi ha affascinato dei Promessi Sposi è che, a leggerlo, si entra in un periodo e in un luogo che respira cristianesimo. Non mancavano persone malvagie, crudeli e venali. Infatti, una delle cose più sorprendenti del romanzo è la sottintesa denuncia dei ricchi e dei potenti che ignorano tutte le leggi impunemente, e sono circondati da bande di sicari. Eppure, anche il male ha un fondamento nel cristianesimo; da qualche parte, sepolto in profondità, in fondo al cuore, rimane un briciolo di timore di Dio, sufficiente, alla fine, a portare al pentimento. Infatti, due dei ritratti più commoventi di tutto il libro sono di grandi peccatori pubblici che si pentono. Tutto è influenzato dalla Chiesa e la legge morale che essa sostiene. Tra i principali personaggi della storia, vi sono il frate santo francescano cappuccino, fra Cristoforo, il personaggio storico dell’ammirabile Cardinale Federico Borromeo, il molto ordinario parroco don Abbondio e la figura sorprendente della Monaca di Monza.

La cristianità è il filo del romanzo. Lucia, in preda alla sua più profonda angoscia, si rivolge alla Madonna in preghiera. Il suo fidanzato, Renzo (un giovane uomo in amore, un contadino analfabeta e abile tessitore, costretto a lasciare la sua terra natale, in fuga per la sua vita) quando, esausto dopo aver viaggiato tutta la notte, trova rifugio in una capanna nei campi, non manca di inginocchiarsi a pregare prima di andare a dormire. Per quelli di noi che, pur essendo cattolici, vivono al di sotto del livello minimo di spiritualità, anche un romanzo come questo può servire come maestro di preghiera. Sappiamo che la nostra santificazione sta nel fare la volontà di Dio. Nostro Signore ci insegna a pregare il nostro Padre celeste, dicendo “sia fatta la tua volontà”.  Ma come spesso accade, la nostra volontà si ribella alla volontà di Dio. Ecco come Fra Cristoforo insegna Renzo e Lucia a pregare: “Preghiamo tutti insieme il Signore, perché sia con voi, in codesto viaggio e sempre; e sopra tutto vi dia forza, vi dia amore di volere ciò ch’Egli ha voluto“. Forse non siamo abbastanza forti per dire semplicemente: “Sia fatta la tua volontà“. E’ molto meglio pregare Dio che ci dia la forza e l’amore per desiderare noi stessi quello che Lui vuole. Sempre fra Cristoforo dà testimonianza, quando, già infettato dalla peste, gli viene chiesto: “Come sta?” egli risponde: “Come Dio vuole, e come, per sua grazia, voglio anch’io.” Alla fine del libro, Manzoni ci dice che la morale è che i problemi sono inevitabili nella vita, ma la fiducia in Dio può alleggerire loro e rendere noi migliori. Un libro di lettura spirituale poteva dare una lezione migliore?

La conformità del cristiano alla volontà di Dio assomiglia al fatalismo orientale: ci insegna a non fare troppo affidamento sulla nostra azione. Ma fare atti di carità significa fare la volontà del Creatore del genere umano. Fra Cristoforo è sempre pronto a lottare per la giustizia, ad alzarsi in piedi per gli oppressi contro i ricchi e i potenti. All’ordine religioso a cui appartiene, i Cappuccini (ramo particolarmente rigoroso dell’ordine francescano), è affidata la cura dei malati e dei morenti nel lazzaretto milanese. Cardinal Federico Borromeo è famoso per la la sua carità. Ci sono molti casi di carità nella vita dei personaggi ordinari che popolano il romanzo; per esempio, Renzo, egli stesso un rifugiato, dà via i suoi ultimi spiccioli per una famiglia affamata, dicendo: “Ecco la Provvidenza!”

Un altro tema spirituale che attraversa tutto il libro è quello del perdono. Proprio il personaggio di fra Cristoforo parla di orgoglio, di peccato, di pentimento, e quindi di perdono. Ha condotto una splendida vita mondana prima, poi, si converte ed abbraccia la povertà e la penitenza dell’ordine francescano. Chiedere perdono, perdonare ed essere perdonati: questo è il motto della sua vita, perciò è un predicatore di perdono. Il suo consiglio nell’allevare i figli è: “Dite loro che perdonino sempre, sempre! tutto, tutto“. Quando Lucia e Renzo sono stati costretti a separarsi e fuggire, fra Cristoforo offre loro questa preghiera: “Noi vi preghiamo ancora per quel poveretto che ci ha condotti a questo passo. Noi saremo indegni della vostra misericordia, se non ve la chiedessimo di cuore per lui; ne ha tanto bisogno! Noi, nella nostra tribolazione, abbiamo questo conforto, che siamo nella strada dove ci avete messi voi: possiamo offrirvi i nostri guai; e diventano un guadagno. Ma lui!… è vostro nemico. Oh disgraziato! Compete con Voi! Abbiate pietà di lui, o Signore, toccategli il cuore rendetelo vostro amico, concedetegli tutti i beni che noi possiamo desiderare a noi stessi“. Non c’è niente di più fondamentalmente cristiano che questa insistenza sul perdono. Alla fine, sia gli oppressi che gli oppressori devono affrontare la morte ed essere umiliati.

Un’altra cosa affascinante su I Promessi Sposi è l’umorismo gentile con cui il narratore racconta la sua storia. Egli vede tutte le debolezze dei suoi personaggi; egli non giustifica i loro errori, ma li racconta con una gentile tolleranza. Si tratta di un umorismo rinfrescante, così diverso dal sarcasmo acido spacciato oggi per umorismo. Parlando di uno dei personaggi minori, Bortolo, un parente di Renzo che lo aiuta con generosità ma non senza un certo tornaconto, il Manzoni commenta: “Forse voi vorreste un Bortolo piú ideale: non so che dire: fabbricatevelo. Quello era così“.

Alla fine, tutta la storia dei Promessi Sposi, si concretizza su una promessa. La promessa è sacra e non deve essere violata. La stessa sacralità della promessa si pone come un rimprovero alla nostra epoca di falsità, l’instabilità e l’inganno.

Non voglio entrare nei dettagli della storia, perché molti la conoscono a menadito, e altri potrebbero essere incuriositi nella lettura. Richiederà un certo sforzo, dal momento che il soggetto e lo stile sono molto lontani dalla scrittura contemporanea, ma vale la pena.

BUONA LETTURA!

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