L’arco nelle costruzioni

arco di traiano
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L’arco, nelle costruzioni, è una struttura portante ad asse curvilineo, con la concavità rivolta verso il basso.

La sezione è per lo più rettangolare e variabile lungo l’asse dell’arco, simmetricamente rispetto al punto più elevato, chiamato chiave. Il lembo superiore, convesso, si dice estradosso, quello inferiore, concavo, introdosso. Le sezioni estreme, con le quali l’arco si innesta alle strutture adiacenti, sono le imposte. La distanza che separa i punti di imposta sull’intradosso è la corda o la luce netta dell’arco. L’altezza misurata perpendicolarmente dalla chiave alla corda si dice freccia. Il rapporto tra freccia e semicorda è caratteristico della forma dell’intradosso dell’arco: se questo è semicircolare, o a tutto sesto, tale rapporto è evidentemente uguale all’unità, se esso è minore, l’arco si dice ribassato, nel caso contrario rialzato. Gli archi ribassati possono avere l’intradosso a curva circolare, minore di un semicirconferenza, ovvero fatta mediante una policentrica o una semiellisse.

 Il modo di resistere di un arco differisce sostanzialmente da quello di una trave rettilinea appoggiata. In questa ultima, il materiale è sollecitato da movimenti flettenti e da sforzi di taglio, mentre nell’arco prevale nettamente lo sforzo assiale di compressione, ed i momenti e gli sforzi di taglio possono essere, con una opportuna conformazione dell’asse, ridotti al minimo e anche annullati. Ciò rende possibile formare l’arco con elementi discontinui, come i conci di pietra da taglio, atti a trasmettere sforzi di compressione, ma non momenti flettenti, e pertanto offre modo di superare luci notevoli adoperando momenti di piccole dimensioni come i mattoni o le pietre. Rispetto al rimanente della struttura, però, mentre le travi rettilinee appoggiate trasmettono ai piedritti reazioni praticamente verticali, di solo peso, l’arco dà una reazione inclinata verso l’esterno, che ha quindi per componente una spinta orizzontale. Questa spinta obbliga a conformare i piedritti in modo che possano resisterle, e può essere causa di rovina quando  non sufficientemente contrastata. Moltissimi monumenti romani sono crollati perché è venuto a mancare il necessario contrasto alle spinte delle loro strutture arcuate.

Altra osservazione da fare è che, mentre le reazioni delle travi appoggiate sono calcolabili immediatamente con i principi della statica, quelle degli archi incastrati alle imposte sono staticamente indeterminate e vanno calcolate con la teoria dell’elasticità. Per diminuire tale indeterminazione statica si introducono spesso, nei grandi archi da ponti, cerniere alle imposte e anche in chiave (in tal caso la struttura diviene staticamente determinata, ma la spinta è maggiore e l’arco è meno rigido). Nei grandi archi di cemento armato, spesso le cerniere si fanno provvisorie e vengono saldate dopo il disarmo, in modo che la struttura si comporta come staticamente determinata rispetto al peso proprio (in genere preponderante) e indeterminata rispetto ai carichi accidentali.

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