Ordine architettonico
L’ordine architettonico è elemento strutturale costituito da sostegni verticali (colonne, pilastri, paraste, due o più) che sorreggono un elemento orizzontale formante architrave.
Gli uni e l’altro hanno rapporti dimensionali stabiliti sia tra loro, sia tra i loro elementi e con caratteristiche decorative che superino la semplice funzionalità, pur ad essa riferendosi più o meno strettamente.
Il semplice trilita non può quindi chiamarsi ordine architettonico benché da esso e dalle costruzioni lignee gli ordini abbiano avuto origine.
Del pari non vengono classificate tra gli ordini architettonici le strutture architravate degli Egizi che pur ne presentano alcuni caratteri, né quelle dei Persiani o degli Indiani.
Le origini degli ordini architettonici sono piuttosto da ricercare nell’arte preellenica del bacino egeo che da forme evidentemente imitate da strutture lignee (colonne rastremate dalla sommità alla base) giunsero a quelle chiamate protodoriche.
Mancano tuttavia i collegamenti col primo dorico, apparso contemporaneamente in Grecia e nelle colonie di occidente, nel sec. VII a.C. già sviluppato in tutti gli elementi di un vero ordine architettonico.
La colonna si compone di un fusto e di un capitello; la trabeazione di un architrave, di un fregio con il caratteristico spartito a triglifi e metope, e di una cornice.
Il fusto è rastremato secondo una curva molto dolce (entasi) e porta da 16 a 24 scanalature verticali che si incontrano a spigolo vivo.
Il capitello ha un abaco a pianta quadrata ed un echino in forma di solido di rivoluzione che della sommità della colonna si allarga verso l’abaco con curve che variano notevolmente da monumento a monumento.
La cornice ha un gocciolatoio molto sporgente, inclinato all’infuori e decorato faccia inferiore dai mutuli con le gocce, in corrispondenza dei triglifi.
Altri popoli mediterranei imitarono l’ordine dorico adattandolo però ai loro gusti ed alle peculiarità delle loro costruzioni.
Gli Etruschi lo semplificarono secondo le esigenze dei materiali più grossolani (tufi) di cui disponevano, ed i Romani, che ne vennero a conoscenza contemporaneamente con gli ordini posteriori ne fecero un adattamento aggiungendo alla colonna la base, togliendo le scanalature, profilando a quarto di cerchio la sezione dell’echino e spartendo diversamente la trabeazione.
Ne fecero anche una semplificazione ulteriore sopprimendo i triglifi e i mutuli, dando luogo all’ordine che fu detto toscano.
I trattatisti del Rinascimento (Vignola, Scamozzi, Palladio) conobbero il dorico sotto questa forma ed esso per la sua geometrica semplicità incontrò largo favore e fu usato anche dagli artisti barocchi (colonnato di S. Pietro).
Gli architetti neoclassici, invece, tentarono, la rinascita del dorico greco ma raramente riuscirono a dare vita alle loro fredde ed accademiche.
Nelle colonie greche dell’Asia Minore ebbe origine un altro ordine, lo ionico che sempre vi restò in onore e fu adoperato i grandi santuari.
La colonna provvista di base, ha il fusto con maggior numero di scanalature, fino a 44, profonde e separate da listelli.
Il capitello ha echino variamente decorato, sopra il quale si accartocciano in basso due volute che sorreggono l’abaco quadrato.
I capitelli d’angolo sono simmetrici rispetto ad una diagonale presentando sull’angolo sporgente una voluta inclinata a 45°.
L’architrave è diviso in tre fasce e la trabeazione forma una zona continua con decorazione a bassorilievo.
La cornice ha di norma una fila di dentelli sotto il gocciolatoio.
Nell’architettura etrusca si ha qualche esempio di derivazione dall’ordine ionico: i Romani, come per il dorico, lo semplificarono e lo irrobustirono, sopprimendo di norma le scanalature.
Il Rinascimento adottò lo ionico romano: Michelangelo ideò un capitello con 4 volute angolari a 45°, dal centro di ognuna delle quali pendono festoni; gli architetti barocchi esercitarono la fantasia arricchendo con nastri ed accentuando le curve, ma senza mutamenti sostanziali.
Il Neoclassicismo trovò forse nella fredda eleganza dello ionico greco riesumato la espressione più consona alla sua indole.
L’aggiunta di decorazioni di foglie di acanto al capitello incominciò nel sec. V e diede origine al capitello dell’ordine corinzio, il quale gradatamente si discostò dallo ionico per una maggiore ricercatezza di particolari e ricchezza di modanature.
Il capitello è troncoconico con la base minore in basso, e rivestito da due ordini di foglie di acanto lobate (qualche volta lisce), sopra di esse quattro piccole volute si avvolgono come viticci al disotto dell’abaco che è riccamente decorato con modanature ad ovoli e porta un rosone al centro di ogni lato.
La trabeazione è divisa in tre fasce ed il fregio si presenta come una superficie a generatrici curvilinee, un poco bombato all’infuori ovvero profilato agola rovescia.
La cornice ha una sottocornice a più modanature, un gocciolatoio arricchito di modiglioni ed una cimasa.
L’ordine corinzio incontrò largo favore presso i Romani i quali vi introdussero, come per i precedenti, varianti consone alla loro architettura di masse: soppressione delle scanalature, sostituite spesso con la levigatura del fusto di marmi pregevoli, schematizzazione delle foglie di acanto, piedistallo sotto la base.
Riunendo gli elementi del capitello ionico con quello corinzio, i Romani crearono un nuovo ordine, il composito, che porta sovrapposte alle foglie di acanto, quattro volute ben marcate e presenta ancor maggiore dovizia di modanature e di decorazioni, conservando spesso le scanalature, come nell’Arco di Tito a Roma.
Corinzio e composito, attraverso la tradizione ininterrotta dei lapidari medievali furono adoperati dai rinascimentisti, prima in forme semplici e schematizzate, poi in tutta la esuberante ornamentalità che i barocchi accentuarono in forma talora bizzarra (l’oratorio dei Filippini, a Roma ad es., ha i capitelli con volute attorcigliate all’indentro).
Si usarono anche, sia nell’antichità, sia nel Rinascimento, ordini detti figurati, nei quali le colonne sono sostituite da figure umane: la loggetta dell’Eretteo ad Atene ne è l’esempio più noto, altri ve ne erano nei “tesori” di Delfo, nel Portico dei Giganti ad Atene, di età imperale, ecc.