Oggi parliamo di un capo bandito, Salvatore Giuliano e il suo fidato Gaspare Pisciotta.
Una letteratura romantica racconta la storia del bandito Giuliano come quella dell’anti-eroe, che combatteva contro l’istituzione e la mafia, a favore dei poveri. Una visione meno romanzata, invece, ci ricorda che tutte queste qualità si scontrano con l’immagine di Giuliano come un bandito spietato. Dove sarà la verità? Forse è vera l’una e l’altra cosa. Forse Salvatore Giuliano era davvero il bandito (pur sempre spietato) gentiluomo.
Ma ripercorriamone la storia
La storia di Salvatore Giuliano inizia nella piccola città di Montelepre il 16 novembre 1922. Montelepre era una piccola città povera, a meno di 15 miglia da Palermo. Molto più in là, dietro Montelepre, si stendeva un territorio arido e desertificato. Invece, a nord, le pianure verso Palermo erano lussureggianti di vegetazione. Questo testimoniava come in Sicilia era tutta una questione di diritti d’acqua, controllati e gestiti naturalmente dalla Mafia.
Proprio nelle montagne che dominano Montelepre, Giuliano, a soli 21 anni, lasciò la sua vecchia vita alle spalle, diventando il fuorilegge più ricercato della Sicilia.
Giuliano e il suo migliore amico Pisciotta, durante questi ultimi anni di guerra, erano impegnati nel mercato di contrabbando in Sicilia. Proprio durante uno di questi viaggi di contrabbando, la coppia incontrò un posto di blocco dei Carabinieri. Vennero intimati di rinunciare alle loro merci illegali, ma opposero resistenza e fuggirono. Giuliano, nel rispondere al fuoco, uccise uno dei carabinieri. Giuliano venne identificato, perché nella fretta di fuggire, si dimenticò di aver lasciato i suoi documenti di identità.
Così Salvatore Giuliano e Pisciotta fuggirono sulle montagne in cui avevano trascorso gran parte della loro gioventù. Ecco come nasce la leggenda del capo bandito.
Salvatore Giuliano: primi anni di vita e il Movimento Separatista siciliano
L’ascesa di un movimento separatista siciliano può sembrare una storia non attinente al racconto di Giuliano, ma l’idea secessionista della Sicilia, e la minaccia comunista, coinvolsero pesantemente il bandito Giuliano.
Giuliano era uno scrittore di lettere molto prolifico. Usava la sua notorietà per perorare la causa e stimolare i poveri, inviando ai quotidiani siciliani e nazionali lettere da pubblicare. Concetto Gallo, comandante in capo dei Separatisti, incontrò Giuliano in montagna, nella roccaforte del bandito, e formalmente gli offrì il comando delle forze della guerriglia dei separatisti nella Sicilia occidentale. In cambio Giuliano avrebbe ricevuto un perdono gratuito e un posto di prestigio nel governo nel nuovo Stato siciliano.
Salvatore Giuliano e la strage di Portella della Ginestra
Giuliano ha rivestito il ruolo di protettore del popolo, ma ha anche dimostrato un lato spietato. Criminali comuni, quelli che non hanno avuto la fortuna di essere membri della banda di Giuliano, erano puniti con la morte. Un criminale venne giustiziato per aver preso il bestiame di un contadino; l’atto di rubare ai poveri era un peccato capitale per Giuliano.
Ecco perché l’odio di Giuliano nei confronti del comunismo risulta alquanto strano e incoerente. I poveri, avrebbero beneficiato in termini di distribuzione della terra e della ricchezza, grazie al comunismo. Tuttavia Giuliano non la vedeva in questo modo, egli vedeva il comunismo come una pratica senza Dio e doveva essere fermato a tutti i costi. Questa convinzione porta agli eventi del 1° maggio, che mettono in ombra il resto della vita del bandito siciliano: la strage di Portella della Ginestra.
“Dobbiamo entrare in azione contro i comunisti; dobbiamo sparare durante la manifestazione del 1 ° maggio ° a Portella della Ginestra”, dichiarò Salvatore Giuliano nel 1947.
Il corteo del Primo Maggio a Portella della Ginestra del 1947 avrebbe dovuto essere una festa; i contadini avevano votato in massa per la riforma agraria e i comunisti erano pronti a mantenere la promessa. Ma, per ordine di Giuliano, la sua banda di fuorilegge massacrò la folla, uccidendo 11 persone e ferendone 55. Giuliano si prese la colpa per il massacro, ma dichiarò sempre che non era sua intenzione uccidere nessuno, ma semplicemente voleva sparare sopra le loro teste per segnalare il suo dispiacere per il sostegno dei contadini ai comunisti.
Il mito del Robin Hood siciliano morì nel massacro e Salvatore Giuliano perse il sostegno delle persone da cui dipendeva di più, i poveri.
La morte del bandito gentiluomo
La vita di Salvatore Giuliano finì il 5 luglio 1950, poco prima che iniziasse il processo contro i suoi uomini catturati, per mano del suo luogotenente Pisciotta. Shakespeare non avrebbe saputo raccontare una storia più tragica.