Stoicismo ed epicureismo
Lo stoicismo e l’epicureismo erano le due maggiori scuole filosofiche ellenistiche (successive ad Aristotele).
Seppure differivano nei loro principi basilari, entrambe le scuole filosofiche riconoscevano l’obiettivo del raggiungimento della serenità d’animo, senza emozioni e turbamenti o, comunque, trasformando sé nel saggio ideale.
Il saggio è colui che ha raggiunto la pienezza o la perfezione dell’essere, irraggiungibile per la debolezza umana, quindi un ideale irrealizzabile. Nessun essere umano avrebbe potuto mai diventare un saggio, ma, sebbene gli ideali non possano mai essere raggiunti, vi si poteva quantomeno tendere.
Quindi, il percorso verso lo stato di perfezione dell’essere era il fine ultimo sia dello stoicismo che dell’epicureismo.
Seneca, uno stoico che apprezzava la filosofia dell’epicureismo, aveva notato la principale differenza tra la sua scuola stoica e la scuola di Epicuro.
L’epicureismo è una filosofia basata sull’importanza di educare i propri desideri.
Secondo Epicuro, l’uomo è infelice perché desidera ciò di cui in fondo non ha bisogno.
Se solo imparassimo o ci abituassimo a desiderare solo le cose necessarie e naturali, potremmo immergerci nella pura gioia di esistere, di essere.
I filosofi stoici, a differenza degli epicurei, credevano alle cose fuori dal nostro controllo nella vita, cose che potrebbero accaderci e rendere la nostra vita molto difficile.
Malattia, povertà, morte e altre sciagure che comunemente colpiscono gli esseri umani sono cose su cui (generalmente) abbiamo poco controllo.
C’è poco che possiamo fare se non aspettare e sperare che la terribile tempesta passi presto, e non ci spazzerà via per l’eternità.
Quindi, per loro la vita significava essere pronti ai molti problemi che possono presentarsi anche senza averne colpa. Ciò che è necessario per vivere una vita stoica è il coraggio, la forza morale e, naturalmente, la saggezza.
Sicuramente ci capiteranno cose brutte e desidereremo cose il cui conseguimento non ci servirà. Ma il vero stoico sopporterà le disavventure con forza, comprensione ed equità d’animo; si asterrà dall’agire o dal dare ai suoi desideri impulsi di base.
In conclusione, la differenza sostanziale risiede nel fatto che lo stoico sente i suoi problemi ma li supera, mentre l’epicureo non li sente nemmeno.
Condividono la convinzione che l’uomo saggio si accontenti di se stesso. Ma lo stoico, pur non bramando ciò che ha perso, preferisce non perderlo. E questo è ciò che intendiamo quando diciamo che lo stoico è soddisfatto di sé.
Può fare a meno degli amici, ma non significa che ne voglia fare a meno.